Classificazione merceologica dell’olio di oliva

(estratto da “Evoluzione della normativa in materia di etichettatura dell’olio di oliva “di Elisabetta Toti Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione INRAN  e da  “Evoluzione della normativa per la classificazione merceologica degli oli di oliva” di AA.VV , Rivista Italiana delle sostanze grasse vol LXXXIX del 2012.)

L’olio di oliva è sempre stato un prodotto tutelato dalla legislazione italiana, tanto che la prima forma di regolamentazione del settore risale addirittura al 1890.

Attualmente la classificazione merceologica degli oli d’oliva è disciplinata, nel nostro Paese, dal Regolamento CEE 2568/91 e da molteplici integrazione, modifiche e abrogazioni di parti di esso.

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La prima forma di regolamentazione dell’olio di oliva risale al 1890 con il Regio Decreto Legge n.7045.

In tale decreto si proibiva la vendita di grassi animali e vegetali alterati e la vendita di oli o grassi con denominazione di specie animale o vegetale diversa da quella di reale provenienza.

Una prima bozza di classificazione si ebbe agli inizi del secolo scorso con la Legge n. 136 del 5 aprile 1908, che distingueva gli “oli di oliva genuini” dagli “oli di oliva miscelati”.

Un regio decreto del 1925 attribuì il termine olio o olio di oliva ai soli oli ottenuti dalla lavorazione dell’olea europea senza aggiunta di altre sostanze e vietò la vendita di mescole tra olio di oliva e altri tipi di oli, tutti gli altri oli inoltre, dovevano essere denominati oli di semi.

Seguirono altre normative che in parte integrarono e modificarono il decreto del 1925 fino al 1936 quando un ulteriore regio decreto introdusse la prima classificazione merceologica degli oli di oliva introducendo per la prima volta il termine “vergine”.

Il Regio Decreto Legge n.1986 del 27 settembre 1936 può quindi essere considerato una pietra miliare nella classificazione degli oli di oliva, determinando il passaggio dalla semplice distinzione tra oli di semi, oli di sansa commestibili ed oli di oliva alla più complessa discriminazione delle varie tipologie di oli di oliva sulla base dell’acidità percentuale.

Classificazione degli oli di oliva in base al Regio Decreto Legge n. 1986 del 27 settembre 1936.

  

Devono passare molti anni ed una guerra mondiale prima che la normativa rimetta mano alla classificazione merceologica degli oli d’oliva. Solo nel 1960 la Legge n. 1407 modificò il quadro normativo introducendo per la prima volta la denominazione “extra vergine” per identificare la categoria degli oli d’oliva di maggiore pregio.

Classificazione degli oli di oliva in base alla Legge n. 1407 del 13 novembre 1960.

Successive integrazioni modificarono le definizioni degli oli rettificati, autorizzando tra i processi fisici di raffinazione solo quelli che non causavano alterazioni particolarmente profonde agli oli trattati. Parallelamente vennero approvati i “Metodi ufficiali di analisi per gli oli e i grassi”  e  l’istituzione di un elenco ufficiale per la lotta contro le frodi, il cui sistematico aggiornamento era affidato al Ministero per l’Agricoltura e le Foreste.

Il trattato di Bruxelles, che nel 1965 realizzava una prima forma di coordinamento a livello comunitario, arrivò ad interessare il settore oleario attraverso il Regolamento CEE n. 136 del 1966.

In sostanza fin dagli albori dell’Unione Europea è stato possibile osservare una disputa piuttosto accesa tra  i Paesi dell’area Mediterranea, spinti a valorizzare il ruolo dell’olio di oliva e altri Paesi che si opponevano a misure “protettive o di salvaguardia” nei riguardi di uno specifico prodotto.

L’allegato di tale regolamento definiva l’olio d’oliva vergine (o puro olio d’oliva vergine) come “l’olio d’oliva naturale ottenuto soltanto mediante processi meccanici, compresa la pressione, esclusa qualsiasi miscela con oli di altra natura o con olio d’oliva ottenuto con altro processo”.

In base a tale Regolamento l’acidità percentuale continuava ad essere l’unico parametro analitico impiegato per la discriminazione delle diverse tipologie di oli d’oliva vergini .

Classificazione degli oli di oliva in base al Regolamento CEE 136/66 alla sua emanazione

Seguirono numerosi Regolamenti che introdussero altri parametri analitici utili a discriminare le varie

categorie di oli d’oliva fino ad un nuovo regolamento del 1988 le cui principali riguardavano essenzialmente l’innalzamento del tenore massimo dell’acidità per la categoria commerciale dell’olio di oliva vergine e l’introduzione dei limiti di acidità percentuale sia per gli oli d’oliva e di sansa d’oliva raffinati sia per le loro miscele con gli oli di oliva vergini. Inoltre, compariva per la prima volta in maniera esplicita, nella definizione delle classi commerciali, l’esclusione degli oli vergini lampanti tra quelli ammessi nella costituzione delle miscele con i raffinati.

Classificazione degli oli di oliva in base al Regolamento CEE 1915/87.

Si arriva finalmente ai giorni nostri attraverso il Regolamento CEE n. 2568 dell’11 luglio 1991 che ha rappresentato una decisa innovazione rispetto ai Regolamenti precedenti uniformando diversi parametri analitici di controllo e stabilendo che gli oli extravergini d’oliva dovessero anche superare un esame organolettico tenuto da degustatori iscritti in appositi albi.

Nel tempo la normativa del 91 (Reg. CEE 2568/91) ha subito numerose modifiche mirate tra l’altro:

  • all’introduzione di ulteriori parametri analitici per meglio differenziare le diverse categorie di oli d’oliva,
  • eliminare categorie merceologiche obsolete (ad es. oliva vergine corrente),
  • stabilire i criteri delle analisi sensoriali
  • stabilire le caratteristiche della etichettatura dei prodotti

Nella distinzione merceologica di base degli oli di oliva viene mantenuta la distinzione degli oli classificati come vergini ossia prodotti ottenuti dal frutto dell’oliva esclusivamente attraverso procedimenti fisico meccanici in condizioni che non hanno provocato alterazioni dell’olio.

Tuttavia, durante la descrizione del processo di ottenimento dell’olio extravergine come diversi fattori incidano sulla qualità dell’olio, appare pertanto ovvio che non tutti gli oli vergini siano della stessa qualità e che quindi richiedano una distinzione dal punto di vista merceologico.

Sulla base delle normative vigente l’olio vergine è per tanto l’olio ottenuto dal frutto dell’olivo soltanto mediante processi meccanici o altri processi fisici in condizioni che non causano alterazione dell’olio, e che non hanno subito alcun trattamento diverso:

  • dal lavaggio,
  • dalla decantazione,
  • dalla centrifugazione
  • dalla filtrazione

sono esclusi gli oli ottenuti mediante solvente o con coadiuvanti ad azione chimica o biochimica o con processi di riesterificazione e qualsiasi miscela con oli di altra natura

Pertanto gli oli vergini vengono distinti in (colore verde per commercializzabili al minuto):

  • Olio extravergine di oliva (extra virgin olive oil): olio di oliva vergine la cui acidità libera espressa in acido oleico è al massimo di 0,8 g per 100 grammi (0,8%), con numero di perossidi minore di 20 (meq. O2/Kg. Olio)  e nel rispetto di ulteriori parametri analitici (vedi tabella).
  • Olio di oliva vergine: (il termine “fino” può essere usato nella fase della produzione e del commercio all’ingrosso): olio di oliva vergine il cui punteggio organolettico è uguale o superiore a 5,5, e la cui acidità libera è al massimo di 2 g per 100 grammi (2%) e con numero di perossidi minore di 20(meq. O2/Kg. Olio)  e nel rispetto di ulteriori parametri analitici (vedi tabella).

  • Olio di oliva vergine lampante: (non commerciabile al minuto)  al olio di oliva vergine il cui punteggio organolettico è inferiore a 3,50, e/o la cui acidità libera è superiore a 2 g per 100 grammi (3,3 %) e con numero di perossidi  maggiore di 20 (meq. O2/Kg. Olio)  e nel rispetto di ulteriori parametri analitici (vedi tabella).

Questi oli sono sottoposti anche ad apposita analisi organolettica e devono raggiungere i seguenti parametri misurati In funzione della mediana dei difetti (cioè mediana del difetto percepito con l’intensità più alta) e della mediana dell’attributo fruttato, espresse entrambe con una sola cifra decimale

  • Olio extra vergine di oliva: la mediana dei difetti è pari a 0 e la mediana del fruttato è superiore a 0;
  • Olio di oliva vergine: la mediana dei difetti è superiore a 0 e inferiore o pari a 3,5 e la mediana del fruttato è superiore a 0;
  • Olio di oliva lampante: la mediana dei difetti è superiore a 3,5 oppure la mediana dei difetti è superiore o pari a 3,5 e la mediana del fruttato è pari a 0.

Di queste tipologie di oli l’olio vergine lampante non è destinato al consumo diretto, ma viene utilizzato per la produzione di altri tipi di oli (in particolare olio di oliva raffinato)

Accanto agli oli vergini troviamo infatti altre tipologie di oli di oliva

 

  • OLIO DI OLIVA RAFFINATO. (non commerciabile al minuto)

Olio di oliva ottenuto dalla raffinazione di olio di oliva vergine con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;

  • OLIO DI SANSA DI OLIVA GREGGIO. (non commerciabile al minuto)

Olio ottenuto dalla sansa d’oliva mediante trattamento con solventi o mediante processi fisici, oppure olio corrispondente all’olio d’oliva lampante, e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria

  • OLIO DI SANSA DI OLIVA RAFFINATO(non commerciabile al minuto)

Olio ottenuto dalla raffinazione di olio di sansa di oliva greggio, con un tenore di  acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 0,3 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria;

  • OLIO DI OLIVA (commercializzato al minuto).

Olio ottenuto dal taglio di olio d’oliva vergine diverso dall’olio lampante e olio d’oliva raffinato, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; è il risultato della miscelazione tra un olio rettificato, che ha cioè subito un processo chimico volto all’eliminazione dei difetti chimici ed organolettici, e un olio vergine. La legislazione non stabilisce un quantitativo minimo di olio vergine che deve rientrare nella miscela; solitamente è una percentuale minima, quel tanto che basta per ridare colore, odore e sapore all’olio che risulta nel complesso abbastanza ‘piatto’

  • OLIO DI SANSA DI OLIVA (commercializzato al minuto).

Olio ottenuto dal taglio di olio di sansa di oliva raffinato e di olio di oliva vergine diverso dall’olio lampante, con un tenore di acidità libera, espresso in acido oleico, non superiore a 1 g per 100 g e avente le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria. E’ un olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto ottenuto dopo l’estrazione dell’olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive oppure “Olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive”

 
 

La seguente Tabella riporta gli indici ed i relativi limiti previsti ad oggi per la classificazione merceologica degli oli d’oliva, per il significato analitico dei singoli indici vedere capitolo riguardante le analisi degli oli

E’ sufficiente che una sola caratteristica non sia conforme ai valori indicati perché l’olio venga cambiato di categoria o dichiarato non conforme riguardo la sua purezza.

(1) Somma degli isomeri che potrebbero (o meno) essere separati mediante colonna capillare.

(2) O quando la mediana del difetto è inferiore o uguale a 3,5 e la mediana del fruttato è uguale a 0.

(3) Gli oli con un tenore di cera compreso tra 300 mg/kg e 350 mg/kg sono considerati olio di oliva lampante se gli alcoli alifatici totali sono pari o inferiori a 350 mg/kg o se la percentuale di eritrodiolo ed uvaolo è pari o inferiore a 3,5%.

(4) Gli oli con un tenore di cera compreso tra 300 mg/kg e 350 mg/kg sono considerati olio di sansa di oliva greggio se gli alcoli alifatici totali sono superiori a 350 mg/kg o se la percentuale di eritrodiolo ed uvaolo è superiore a 3,5%.

(5) Tenore di altri acidi grassi (%): palmitico 7,5 – 20,0; palmitoleico 0,3 – 3,5; eptadecanoico ! 0,3; eptadecenoico ≤  0,3; stearico 0,5 – 5,0; oleico 55,0 – 83,0; linoleico 3,5 – 21,0.

(6) Somma di: delta-5-23-stigmastadienolo+clerosterolo+beta-sitosterolo+sitostanolo+delta-5-avenasterolo+delta-5-24-stigmastadienolo.

(*) – per l’olio di oliva lampante, i corrispondenti valori limite possono non essere rispettati simultaneamente

– per gli oli di oliva vergini, l’inosservanza di almeno uno di questi valori limite comporta il cambiamento di categoria, pur rimanendo classificati in una delle categorie di oli di oliva vergini.

(**) per tutti gli oli di sansa di oliva i corrispondenti valori limite possono non essere rispettati simultaneamente.

(#) NdA. Benché il Legislatore non abbia ritenuto opportuno specificarlo, il valore del “ECN42 va espresso come valore assoluto.

 

 

INDICAZIONI SULLE CARATTERISTICHE ORGANOLETTICHE

Il Regolamento 1019/2002 ha riconosciuto l’esigenza di definire nozioni tecniche in grado di informare il consumatore in merito alle proprietà organolettiche e all’adozione di particolari tecniche produttive. In particolare questa norma specifica che le indicazioni che figurano sull’etichetta non devono indurre in errore l’acquirente, soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche dell’olio di oliva in questione attribuendogli proprietà che non possiede o presentando come specifiche di quell’olio proprietà che sono comuni alla maggior parte degli oli.

Su questa base:

  • l’olio extravergine di oliva viene descritto come “olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”,
  • l’olio di oliva vergine viene  descritto “olio di oliva ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici”,
  • l’olio di oliva viene descritto come “composto da oli di oliva raffinati e da oli di oliva vergini”
  • olio di sansa di oliva viene descritto come “olio contenente esclusivamente oli derivati dalla lavorazione del prodotto  ottenuto dopo l’estrazione dell’olio di oliva e oli ottenuti direttamente dalle olive”, oppure come “olio contenente esclusivamente oli provenienti dal trattamento della sansa di oliva o oli ottenuti direttamente dalle olive”.

Facoltativamente sulla etichetta (solo per gli oli vergini ed extravergini) può comparire la scritta “prima spremitura a freddo” solo se il prodotto è stato ottenuto da una prima spremitura meccanica a temperatura inferiore a 27°C, oppure la scritta “estratto a freddo”  se il prodotto è stato ottenuto per centrifugazione o percolazione sempre a temperature inferiori ai 27°C.

L’indicazione dell’acidità può essere fornita nell’etichetta unicamente se accompagnata dall’indice dei perossidi (valore legato all’irrancidimento ossidativo) e dell’assorbanza all’ultravioletto (valore legato al contenuto dei pigmenti dell’olio).

Lo stesso regolamento comunitario del 2002 modificato nel 2009 introduce la possibilità di inserire nell’etichetta l’indicazione geografica.

E’ da notare che questa normativa è stata un compromesso con la normativa presente in precedenza in Italia che era molto più specifica.

Una legge italiana del 1998 stabiliva infatti che poteva essere definito come “prodotto in Italia”  solo l’olio vergine il cui intero ciclo produttivo (dalla raccolta all’imbottigliamento) avveniva nel nostro Paese.

Questa Legge creò un conflitto con l’UE che la vedeva come discriminatoria e venne quindi modificata attribuendo il significato di “prodotto in Italia” a quell’olio in cui il frantoio era sito nel nostro Paese (le olive potevano provenire da altri stati).

Nel 2007 l’Italia tornò alla carica con un decreto che nuovamente stabiliva di riportare in etichetta l’origine delle olive e la collocazione del frantoio e nuovamente l’UE attivò una procedura di infrazione nei riguardi del nostro Paese ed il suddetto decreto fu perciò abolito.

Finalmente nel 2009 l’UE modificando il regolamento del 2002 riconobbe le ragioni dell’Italia introducendo l’obbligo di indicazione nell’etichetta degli oli vergini l’indicazione dell’origine con le seguenti possibilità:

  • olio ottenuto nello stesso Stato Membro di raccolta delle olive: in questo caso è possibile far richiamo all’origine indicando il nome del Paese seguito da diciture quali «Prodotto in…»,

«Ottenuto in …», ma anche indicazioni del tipo «100% prodotto in …». Il nome dello Stato

Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità;

  • olio ottenuto in uno Stato Membro con olive provenienti da altri Stati Membri/Paesi terzi:
  • in questo caso l’indicazione dell’origine deve essere apposta attraverso la seguente dicitura
  • «Olio (extra) vergine di oliva ottenuto in …. da olive raccolte in …». Anche in questo caso il nome dello Stato Membro può essere sostituito da un riferimento alla Comunità. Nel caso in cui fosse necessario indicare più Stati Membri/Paesi terzi, questi devono essere menzionati in ordine ponderale decrescente in relazione alla quantità apportata;
  • miscele di oli comunitari e/o non comunitari: in questo caso le modalità di indicazione dell’origine sono una delle seguenti, da utilizzarsi in relazione alla tipologia di prodotto: «Miscela di oli di oliva comunitari», oppure un riferimento alla Comunità; «Miscela di oli di oliva non comunitari», oppure un riferimento all’origine non comunitaria; «Miscela di oli di oliva comunitari e non comunitari», oppure un riferimento all’origine comunitaria e non comunitaria.

Restano escludi da questa normativa gli oli extravergini DOP o IGP per i quali valgono leggi specifiche

Tutte le ulteriori valutazioni di carattere organolettiche relative al prodotto sono facoltative ed applicabili solo se supportate dai risultati di una analisi organolettica operata da enti autorizzati.