Gli oli di semi

Sono prodotti ottenuti per pressione o più frequentemente per estrazione con solvente da semi di diverse specie vegetali.

La legislazione italiana impone che gli oli ottenuti per estrazione con solvente, per essere commercializzati al minuto, vengano sottoposti ad un trattamento di raffinazione.

L’etichettatura deve prevedere l’indicazione “olio di semi” seguita dalla specie vegetale di provenienza, nel caso si utilizzino semi di diversa provenienza l’indicazione deve essere “olio di semi vari”.

Fino a non molti anni fa per gli oli di semi era prevista la sesamatura, ossia l’aggiunta di una piccola quantità di olio di sesamo facilmente riconoscibile analiticamente per una tipica reazione cromatica, oggi questa norma non è più in vigore   (la legge 142/92 ha tolto questo obbligo) e resta solo per evidenziare i grassi idrogenati ad uso industriale.

Poiché il mercato degli oli di semi ottenuti per pressione è molto limitato in questa trattazione faremo sempre riferimento agli oli di semi ottenuti per estrazione con solvente (quindi raffinati).

Gli oli di semi possono avere una acidità massima dello 0,5% e possono essere additi vati ad antiossidanti quali:

  • palmitato di ascorbile (max 0,3%)
  • gallati (massimo 0,03 %)
  • tocoferoli (max 0,03 %)

Nei grassi idrogenati è ammessa l’aggiunta di antiossidanti quali il BHA (butil idrossi anisolo E320) e il BHT (butil idrossi toluene E321) fino ad un max dello 0,03 % [normativa in evoluzione potrebbero essere stati recentemente vietati]

L’aggiunta di antiossidanti è determinata dal fatto che questi oli essendo stati raffinati (questo spiega anche la loro bassa acidità) hanno perso tutti gli antiossidanti naturali .

Gli oli di crocifere, esempio colza, (o gli oli di semi vari contenenti questa specie) non possono superare il limite del 5% di acido erucico (22:1 ω-9) nella loro composizione acidica.

La decolorazione degli oli di semi deve essere tale che diluiti con il 50% di solvente non devono assorbire più di 0,2 unità alla lunghezza d’onda della clorofilla e 0,1 unità alla lunghezza d’onda dei carotenoidi.

Lo schema produttivo degli oli di semi è il seguente:

I semi conservati in ambiente ad umidità controllata (a volte in atmosfera controllata) vengono vagliati per eliminare impurità (parti metalliche, vegetali estranei …), subiscono quindi una decorticazione (eliminazione dei tegumenti) con mulini specifici secondo il tipo di seme (ad esempio mulini a cilindri di gomma per le arachidi o mulini a cilindri rigidi per il mais, etc), dopo l’eliminazione per ulteriore vagliatura dei tegumenti si esegue (non sempre) un condizionamento, ossia un riscaldamento a circa 80°C che ha lo scopo di denaturare le membrane lipoproteiche e favorire l’aggregazione delle goccioline d’olio.

A seconda del tenore di materia grassa si procede poi:

  • per semi destinati alla estrazione per pressione (per essere produttiva devono contenere almeno il 40% di materia grassa) alla macinazione fine (con mulino a martellio di altro tipo)
  • per semi destinati all’estrazione con solvente alla laminazione con mulini a cilindri fino ad ottenere dei flakes

L’estrazione per pressione avviene in genere con presse continue (o altri tipi di presse analoghe a quelle utilizzate per gli oli di oliva)

L’estrazione con solvente avviene, invece, in impianti continui o discontinui di diversa specie.

Il solvente più utilizzato è l’esano che risulta selettivo sui trigliceridi e abbastanza maneggiabile.

L’estrazione comporta diversi stadi quali:

  • penetrazione del solvente nella materia solida
  • diffusione dell’olio
  • allontanamento del solvente

Tra queste fasi la diffusione dell’olio rappresenta lo stadio cineticamente limitante.

La velocità della diffusione è regolata dalla legge di Fick

Velocità diffusione = K . A . ΔC/ΔX

Ossia la velocità di diffusione è proporzionale, attraverso una costante K (funzione della temperatura e della viscosità) alla superficie di contatto (A), al gradiente di concentrazione (ΔC = differenza della concentrazione dell’olio nel seme e nell’estratto) ed inversamente proporzionale allo spessore (ΔX).

Si capisce a questo punto il motivo per cui la laminazione in flakes sia indispensabile, questa operazione aumenta infatti la superficie dei semi riducendone nel contempo lo spessore.

Per quanto riguarda la costante K è possibile modificarla agendo sulla temperatura (che tra l’altro riduce anche la viscosità). Non è possibile tuttavia esagerare, temperature troppo elevate possono infatti determinare danni termici sui semi ed il loro contenuto in sostanze grasse.

In relazione al gradiente di concentrazione, al fine di rendere il più costante possibile questo parametro, si cerca di ricorrere a sistemi di funzionanti in controcorrente, ossia in impianti in cui il solvente più puro incontra il residuo più disoleato ed il solvente più saturo incontra il prodotto di partenza.

Gli apparecchi estrattivi possono essere discontinui, ossia dei digestori, in genere disposti in serie con flussi in controcorrente.

Oppure continui ed in questo caso ne troviamo di diverse tipologie

Un digestore non è altro che un recipiente in cui si miscela la matrice al solvente e la si lascia in infusione.

Gli impianti continui possono essere classificati in:

  • estrattori di percolamento
  • estrattori d’immersione.

Negli estrattori di percolamento il solido è contenuto in panieri su cui viene spruzzato il solvente, la resa di estrazione è minore (si formano dei canali di drenaggio preferenziali), ma il solvente è meno ricco di residui fini.

Negli estrattori d’immersione la massa solida viene spinta nel liquido, l’estrazione è massificata, ma il solvente uscente risulta molto ricco di residui fini.

L’estratto viene filtrato ottenendo.

  • Estratto = olio + solvente
  • Fini = particelle solide + solvente
  • Farine = residuo  + solvente

Tutte queste frazioni vengono quindi inviate in impianti di desolventazione

La desolventazione dell’olio viene condotta in evaporatori a fascio tubiero e da camere di espansione

I solidi vengono invece desolventati in impianti simili a distillatori frazionati con piatti a pale rotanti, ogni piatto presenta aperture per cui il solido cade da un piatto superiore ad uno inferiore, le farine desolventate vengono utilizzate nella mangimistica o come combustibili

La Raffinazione

La raffinazione prevede una serie di operazioni che hanno lo scopo di allontanare dall’olio greggio tutte le componenti diverse dai trigliceridi.  Lo schema di un processo di raffinazione è così riassumibile.

Gli oli raffinati possono venire idrogenati e quindi sottoposti a nuova raffinazione.

Vediamo in dettaglio le varie fasi della raffinazione

 

DEMUCILLAZIONE: consiste in una estrazione con acqua ed eventualmente acidi minerali delle mucillagini dell’olio. Nell’olio di semi di soia si ottengono grosse quantità di lecitine che una volta purificate vengono impiegate come emulsionanti

DEACIDIFICAZIONE: consiste nell’eliminazione degli acidi grassi proveniente dall’idrolisi dei trigliceridi, questi prodotti sono destinati alla industria saponaria. Il trattamento può avvenire in diversi modi, il più comune è la neutralizzazione con NaOH (idrossido di sodio). La miscela viene quindi centrifugata in modo da separare i saponi.

Se l’acidità è troppo elevata, onde evitare di perdere troppa materia grassa (ricordiamo che l’idrossido di sodio saponifica anche i trigliceridi), vengono preferiti altri trattamenti anche se più costosi.

  • Distillazione, serve anche per deodorare
  • Estrazione con solvente, si usa alcol isopropilico selettivo per gli acidi grassi
  • Transesterificazione, vietata in Italia per grassi di uso alimentare (si tratta della reazione inversa all’idrolisi, gli acidi grassi vengono fatti reagire con il glicerolo per riottenere dei trigliceridi)

DECOLORAZIONE: consiste nell’eseguire un adsorbimento su carbone o terre attivate a 80-85 °C seguito da una filtrazione

DEODORAZIONE: consiste in una distillazione in corrente di vapore dell’olio per allontanare i composti più volatili.

WINTERIZZAZIONE, si raffredda l’olio a 8°C per diverse ore, in questo modo si separano le cosiddette oleo margarine (trigliceridi ad alto punto di fusione) dagli oli raffinati

IDROGENAZIONE, al posto della winterizzazione o in ogni caso sugli oli raffinati può essere condotta questa operazione con lo scopo di rendere solidi o comunque più consistenti queste sostanze grasse liquide. Si tratta di un trattamento a 200 °C con idrogeno gassoso e l’ausilio di catalizzatori (formiato di nichel).  Non è possibile eseguire una idrogenazione su oli non raffinati in quanto le impurità avvelenerebbero in breve tempo il catalizzatore rendendolo non efficace. Gli oli idrogenati devono essere sottoposti nuovamente a raffinazione.

Durante il trattamento di raffinazione gli oli subiscono diverse trasformazioni in particolare si formano isomeri trans e doppi legami coniugati.

Le analisi sugli oli

E’ abbastanza intuibile che le analisi sugli oli siano molteplici dovendo verificare:

  • la conformità di alcune costanti analitiche,
  • il rispetto di parametri atti alla classificazione merceologica
  • la verifica di fenomeni alterativi o di processi adulterativi

 Prima di procedere con la discussione delle analisi è utile richiamare alcuni aspetti inerenti le caratteristiche dei trigliceridi e le loro alterazioni

I fenomeni alterativi sui grassi prendono in genere il nome di irrancidimenti, in quanto sono sempre accompagnati da un aumento dell’acidità del sistema.

Avremo perciò.

– l’irrancidimento idrolitico

– l’irrancidimento ossidativo

Esiste anche un terzo tipo di irrancidimento, denominato chetonico, che però può essere considerato di natura biologica essendo causato da muffe. Questo irrancidimento accompagna in genere le trasformazioni dei formaggi erborinati (ad esempio gorgonzola o roquefort).

Come irrancidimento idrolitico intendiamo la reazione contraria all’esterificazione dei trigliceridi (quindi idrolisi) con conseguente liberazione di acidi grassi e glicerolo.

Come abbiamo già segnalato questa reazione può essere o meno accompagnata da sostanziali variazioni organolettiche del prodotto soprattutto se vengono liberati acidi grassi a basso peso molecolare di odore caratteristico.

Mentre quindi nel burro, un irrancidimento idrolitico viene percepito piuttosto in fretta, negli oli vegetali (che hanno contenuto di acidi grassi a maggiore peso molecolare) questa alterazione deve essere valutata attraverso misurazioni dell’acidità del prodotto.

II burro, inoltre è più soggetto a fenomeni di irrancidimento idrolitico sia perchè mantiene un certo contenuto di acqua, sia perchè può contenere diversi enzimi idrolitici derivanti dal latte.

Nell’olio d’oliva il fenomeno dell’irrancidimento idrolitico è in gran parte legato al contatto dell’olio con le acque di vegetazione o (molto sensibilmente) alla presenza di olive danneggiate (le quali liberano forti quantità dell’enzima lipasi)

L’irrancidimento ossidativo è un fenomeno che interessa prevalentemente i grassi insaturi (quelli con i doppi legami) ed è fortemente catalizzato dall’azione della luce.

Per questo motivo ad essere colpiti da fenomeni di irrancidimento ossidativo sono per lo più gli oli vegetali.

La luce agisce sui doppi legami formando dei composti molto reattivi chiamati radicali.

I radicali innescano una reazione a catena che in presenza di ossigeno porta alla formazione di diversi composti, tra cui composti trans, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici a corta catena etc.

Il risultato è il caratteristico gusto di rancido degli oli ossidati.

E’ da notare che solo i prodotti finali di questo processo hanno gusti anomali per cui il processo di irrancidimento ossidativo può essere già molto avanzato quando ne percepiamo gli effetti,

 

Sottolineiamo come gli oli non raffinati contengono la vitamina E (tocoferoli) che sono gli agenti antiossidanti per eccellenza dell’olio.

Gli oli raffinati, perdendo i tocoferoli, diventano particolarmente sensibili all’ossidazione e devono per tanto essere addizionati a sostanze antiossidanti.

Il fenomeno di un iniziale irrancidimento ossidativo viene determinato analiticamente attraverso la determinazione del contenuto di perossidi nell’olio

Tra le analisi che vengono eseguite sugli oli troviamo:

Determinazioni di parametri intensivi (costanti fisiche caratterizzanti)

  • DETERMINAZIONE PESO SPECIFICO
  • DETERMINAZIONE INDICE DI RIFRAZIONE (rapporto tra seno angolo di incidenza e quello dell’angolo di rifrazione di un raggio di luce monocromatica)
  • PUNTO DI INTORBIDIMENTO (si raffredda il grasso in una provetta fino a quando non si vede più la scala di un  termometro)
  • GRADO TERMOSOLFORICO, innalzamento termico legato all’aggiunta di 5 mL di acido solforico concentrato a 20 ml di olio (funzione dell’insaturazione del grasso).

Determinazioni di parametri analitici volumetrici (mediante titolazioni)

  • NUMERO DI IODIO: equivale ai grammi di iodio fissati da 100 grammi di olio, si tratta di un indice di insaturazione in quanto lo iodio si fissa proprio sui doppi legami. L’olio viene fatto reagire per un’ora in una soluzione che rilascia una determinata di iodio. Si determina per titolazione lo iodio rimasto dopo la reazione e per differenza quello fissato dall’olio.
  • NUMERO DI ACIDITA’, si intendono i mg di KOH necessari per titolare un grammo di olio, si tratta di un parametro (legato all’irrancidimento idrolitico) che può venire facilmente convertito in acidità espressa in % di acido oleico (si divide per il peso molecolare della KOH e si moltiplica per il peso molecolare dell’acido oleico e per 100). L’olio viene solubilizzato in alcool + etere (1:1) e si titola con KOH al viraggio della fenolftaleina.
  • NUMERO DI SAPONIFICAZIONE, quantità di idrossido di potassio in mg necessaria per saponificare un grammo di sostanza grassa. Si tratta di un parametro che dipende dal peso molecolare dei gliceridi, infatti maggiore è il suo peso molecolare minori sono le moli di acidi grassi liberate e quindi minore è il numero di saponificazione, per determinarlo si pesa il grasso e si aggiunge un eccesso noto di KOH in soluzione alcolica. Si esegue la saponificazione in un ricadere e si titola la KOH residua con acido cloridrico a titolo noto
  • NUMERO DI PEROSSIDI, come abbiamo visto si tratta di un parametro fondamentale per determinare l’irrancidimento ossidativo, si determina titolando lo iodio sviluppato per ossidazione dello Ioduro di potassio (KI) aggiunto ad una quantità determinata di grasso. Viene espresso come milliequivalenti di ossigeno attivo per kg di sostanza grassa

Determinazioni mediante tecniche strumentali, per lo più cromatografiche o spettrofotometriche si distinguono tra analisi condotte sull’olio tal quale e analisi eseguite sulla frazione insaponificabile.

Sull’olio tal quale possiamo determinare

  • DETERMINAZIONE DEL CONTENUTO IN CERE, si tratta di una determinazione mirata soprattutto a differenziare gli oli di sansa che presentano un più elevato contenuto di queste sostanze estratte dalle bucce dell’oliva. Viene condotta per gascromatografia.
  • DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE ACIDICA, viene eseguita per gascromatorgrafia dopo metilazione dell’olio, la composizione media di un olio d’oliva è la seguente

 

Alcuni limiti della composizione acidica per gli oli di oliva sono indicati nella tabella del capitolo precedente, dalla analisi della composizione acidica si possono determinare anche le quantità di isomeri trans (indici di trattamenti di raffinazione)

  • ANALISI DELLA COMPOSIZIONE TRIGLICERIDICA, viene condotta per cromatografia liquida ad altra pressione (HPLC), per alcuni anni era stato fissato il limite del 5% di trilinoleina, attualmente questo limite è stato abolito e viene invece fissato il limite del rapporto tra ECN42 effettivi e teorici (ECN = numero di atomi di carbonio del trigliceride –  numero di doppi legami presenti moltiplicati per 2), viene fatto un confronto tra la composizione trigliceridica (prendendo come riferimento una famiglia di trigliceridi) effettivamente ritrovata e quella che si può prevedere dovrebbe ottenersi dai dati della composizione acidica

  • DETERMINAZIONE DEGLI ALCHIL E METIL ESTERI, indicati rispettivamente con le sigle EEAG e MEAG, si tratta di sostanze che si formano in conseguenza di fenomeni fermentativi e degradativi delle olive di scarsa qualità o conservate in modo inadeguato, in queste situazioni infatti dalla drupa dell’oliva si formano alcol metilico e/o alcol etilico che possono poi formare esteri con gli acidi grassi.

Per queste sostanze sono stati quindi fissati dei limiti nell’olio extravergine di oliva anche se trattamenti di deodorazione possono facilmente modificare questo parametro.

  • ACIDI GRASSI NELLA POSIZIONE DUE DEL GLICEROLO (METODO ALLA LIPASI PANCREATICA) , negli oli  in genere la posizione due del glicerolo è occupata da un acido grasso insaturo. La lipasi pancreatica è un enzima che trasforma i trigliceridi in monogliceridi con acido grasso in posizione 2.

Questi monogliceridi vengono quindi idrolizzati e si determina la composizione degli acidi grassi in posizione 2, un eccessiva presenza di 2 gliceril monopalmitato  può essere indizio di un olio transesterificato  ossia di un olio che non ha seguito il meccanismo naturale della biosintesi dei trigliceridi.

  • MISURE SPETTROFOTOMETRICHE, l’olio d’oliva esaminato alla luce di Wood (365nm) assume una fluorescenza gialla, mentre negli oli raffinati la fluorescenza è celeste (questo perché durante la raffinazione si formano diversi doppi legami coniugati);  negli oli inoltre viene esaminata la banda di assorbimento alla lunghezza d’onda della clorofilla (665-670nm) e quella di assorbimento alla lunghezza d’onda delle xantofille (400-500 nm), questi parametri devono essere particolarmente bassi negli oli raffinati che hanno subito una decolorazione; da un punto di vista pratico, tuttavia, non è opportuno dare a questi indici dei significati analitici importante in quanto risulta estremamente facile falsarli attraverso l’aggiunta fraudolenta di clorofilla o xantofille.

Negli  oli extravergini di oliva  si analizzano:

–           assorbimento alla lunghezza d’onda di 232nm (tipica dei dieni coniugati max 0,25)

–          Assorbimento alla lunghezza d’onda di 270nm (tipica dei trieni coniugati) max 0,22)

–          Delta K da questa espressione ΔK=K270- (K262+K274)/2 che deve essere (sempre per l’olio extravergine massimo di 0,01 unità)

In pratica con questo parametro si osserva se c’è o meno un massimo di assorbimento nei pressi dei 270nm. In caso di massimo (tipico di oli rettificati) il valore di K270 sarà maggiore dei valori di K262 e K274, per cui il risultato dell’operazione matematica risulterà considerevolmente più elevato.

 

Sulla frazione insaponificabile possiamo determinare:

  • DETERMINAZIONE DELL’INSAPONIFICABILE, massimo 1,5 % altrimenti possibile aggiunta di sostanze estranee
  • DETERMINAZIONE DEGLI STEROLI TOTALI, minimo 1000mg/kg altrimenti possibile trattamento di desterolizzazione (per mascherare la composizione dell’olio)
  • DETERMINAZIONE DELLA COMPOSIZIONE STEROLICA (per cromatografia su strato sottile) per gli oli di oliva esistono  limiti per: Colesterolo (max 0,5%),  Brassicasterolo (max 0,1%) ,Campesterolo (max 4%) , Stigmasterolo (inferiore al campesterolo), βSitosterolo (in realtà mix di altri steroli ulteriormente separabili min 93%), δ7 stigmasterolo (max 0,5%).

  • DETERMINAZIONE DEGLI STIGMASTADIENI, si tratta di una analisi che  risulta particolarmente adatta a rivelare la presenza di oli vegetali raffinati (oliva, sansa, girasole, palma, ecc.) nell’olio di oliva vergine, dato che gli oli raffinati contengono stigmastadieni, mentre gli oli vergini non li contengono
  • DERERMINAZIONE DEGLI ALCOOL ALIFATICI, si tratta di un parametro analitico dallo stesso significato di quello della determinazione delle cere (esteri degli alcool alifatici) che si determina sull’insaponificabile
  • DETERMINAZIONE DELL’UVAOLO E ERITRODIOLO, si tratta di oli superiori presenti nella frazione dell’insaponificabile presenti in forti quantità negli oli di sansa (maggiore di 3,50%) e determinabili per cromatografia su strato sottile

Le analisi che abbiamo preso in considerazione, che tra l’altro sono solo una parte di quelle effettuabili, possono sembrare molte, ma in realtà non sono ancora sufficienti a svelare alcune procedure fraudolente di ultima generazione. In particolare attualmente si sono sviluppati oli di girasole modificati geneticamente a basso contenuto di acido oleico che presentano composizioni molto simili a quelle dell’olio d’oliva oltre a tecniche che riducendo la composizione sterolica degli oli li rendono difficilmente rilevabili una volta aggiunti agli oli di oliva.