FERMENTAZIONE ALCOOLICA
Il vino è il prodotto ottenuto dalla fermentazione alcoolica dell’infruttescenza della vitis vinifera (uva).
Il processo fermentativo rappresenta la via metabolica attraverso la quale i lieviti ottengono energia dagli zuccheri in assenza di ossigeno.
La fermentazione alcoolica può essere rappresentata da una ossidazione parziale del glucosio o fruttosio secondo la seguente reazione complessiva
2ADP + 2 P + C6H12O6 —> 2 CH3CH2OH + 2CO2 + 2ATP ΔH = – 25kCal/mol glucosio
In sintesi dalla fermentazione di una mole di glucosio si ottengono:
- 2 moli di alcool etilico (pari a circa 0,6 ml di alcool per grammo di glucosio)
- 2 moli di anidride carbonica
- 2 moli di ATP (che rappresentano il guadagno energetico dei lieviti)
- Una discreta quantità di calore
Durante il processo entra in gioco anche la coppia NAD+/NADH con la funzione di trasporto di elettroni.
Il processo nella realtà risulta essere molto più complesso in quanto interessa una lunga serie di reazioni.
La fase preliminare della fermentazione alcoolica non è altro che la glicolisi con la quale il glucosio o il fruttosio si convertono in acido piruvico con produzione di ATP e trasformazione di NAD+ in NADH.
In ambiente anaerobio il processo di glicolisi può continuare solo se le cellule trovano il sistema per ripristinare il NAD+ consumato.
Durante la glicolisi, infatti dell’NAD viene ridotto a NADH. Poiché questa molecola è presente in quantità molto limitate a livello cellulare i microrganismi devono ripristinare la forma ossidata affinchè il processo di glicolisi possa continuare.
La strada che seguono i lieviti è proprio quella che porta alla fermentazione alcoolica che si sviluppa in due passaggi.
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Nel corso della fermentazione alcoolica, tuttavia, i lieviti non metabolizzano solo gli zuccheri, ma anche diversi aminoacidi con un meccanismo analogo al seguente
Con questo meccanismo si formano alcool superiori che contribuiscono all’aroma del vino
Il vino infatti non è una semplice soluzione di acqua e alcool etilico, ma un sistema in cui i componenti minori giocano un importante ruolo nel conferimento di aromi e gusti particolari.
Possiamo distinguere nel vino:
- Componenti primari (derivanti dall’uva)
- Componenti secondari (derivanti dai processi fermentativi)
- Componenti terziari (derivanti dall’invecchiamento)
I LIEVITI
Dal punto di vista tassonomico i lieviti possono essere distinti in lieviti sporigeni e asporigeni.
Tra i lieviti sporigeni troviamo la Candida e la Kloechera.
Si tratta di generi non molto specializzati, in particolare la Candida che comprende lieviti a metabolismo aerobio è responsabile di una “malattia” del vino chiamata “fioretta” che trasformando l’alcool in anidride carbonica è acqua (ossidazione) determina un calo della gradazione alcoolica favorendo lo sviluppo di altri microorganismi.
Il genere Kloechera rappresenta il genere principale dei cosiddetti lieviti apiculati (specie principale Kloechera Apiculata).
Si tratta di lieviti a forma di pera, spesso considerati “selvaggi” in quanto naturalmente presenti nell’uva e poco resistenti alla gradazione alcoolica.
Per questo motivo i lieviti apiculati intervengono solo nelle prime fasi della fermentazione contribuendo alla produzione di glicerolo operando infatti principalmente una fermentazione gliceropiruvica.
Tra i lieviti asporigeni troviamo:
- Saccaromiceti (forma ellittica) sono i veri lieviti alcooligeni il principale è il Saccaromyces Cerevisiae variante elipsoideus, sono state sviluppate diverse specie maggiormente resistenti alla gradazione alcoolica come ad esempio il Saccaromyces Baranus o alle basse temperatura ad esempio il Saccaromyces Pastorianus (carlsbergensis).
- Saccaromycoides, tra questi troviamo il Saccaromycoides Ludwigi principale responsabile della rifermentazione dei mosti muti. Si tratta di un lievito molto resistente all’anidride solforosa, nei mosti muti non si riproduce, ma continua a produrre acetaldeide; questa sostanza come abbiamo visto “consuma” l’anidride solforosa e quando il tasso della SO2 scende sotto un certo livello il lievito riprende il suo sviluppo e l’attività fermentativa.
- Schizzosaccaromiceti: tra questi troviamo lo Schizosaccharomyces Pombe, molto studiato in quando in grado di operare una fermentazione malolattica (in genere condotta nei vini dai batteri lattici), che potrebbe risultare utile nei vini rossi; purtroppo la sua attività metabolica è accompagnata alla produzione di sostanze poco apprezzate.
Attualmente si procede con innesti di lieviti selezionati al fine di attivare le fermentazioni nella vinificazione in bianco e comunque “standardizzare” la produzione del vino
PARAMETRI OPERATIVI DELLA FERMENTAZIONE
Diversi sono i parametri che influenzano la fermentazione, in primo luogo la tecnica di vinificazione.
La vinificazione con macerazione non da problemi di partenze di attività fermentativa, le bucce infatti contengono lieviti e sostanze attivanti (pruina, inosite …), anzi in genere si ha il problema di controllare la fermentazione in quanto un eccessivo sviluppo di calore può arrestare il processo.
Nella vinificazione in bianco, la sgrondatura, la solfitazione e la defecazione rendono difficile il processo per cui bisogna aggiungere forti innesti di lieviti e sali di ammonio.
Tra le variabili operative principali troviamo l’ossigeno e la temperatura.
Dal punto di vista microbiologico è interessante osservare come da un prodotto con una forte carica batterica come il mosto si ottenga un prodotto molto povero di microorganismi come il vino.
La ragione di questo fatto va ricercata soprattutto nell’acidità e nella gradazione alcoolica che rendono l’ambiente sopportabile solo a certi tipi di lieviti ed ad alcuni batteri lattici.
Per i lieviti è necessario che le condizioni del mezzo siano inizialmente idonee al loro sviluppo numerico (caratterizzato da un metabolismo aerobio), mentre la produzione di alcol deve avvenire in fase di crescita stazionaria caratterizzata da condizioni anaerobie.
Poiché i lieviti hanno una fase di latenza di circa un giorno è opportuno nella vinificazione per macerazione ossigenare il mosto il secondo giorno di macerazione (prima si ossiderebbero solo i composti chimici).
L’impossibilità di ossigenare nella vinificazione in bianco è un’ulteriore ragione della difficoltà fermentativa d i questo processo.
Anche la temperatura gioco un importante ruolo, specie se abbinata alla gradazione alcoolica.
La temperatura ottimale è di circa 30°C, temperature superiori maggiori danno problemi alla sopravvivenza delle specie di lieviti, temperature inferiori rallentano il processo fermentativo.
In pratica a temperature elevate si ha una fermentazione tumultuosa, ma di bassa durata (il calore diventa difficilmente controllabile), mentre a temperature più bassa una fermentazione più lenta, ma con una maggiore sopravvivenza dei lieviti.
La fermentazione nella vinificazione in bianco dura una ventina di giorni a temperature di circa 20-25°C. Il calore sviluppato non è eccessivo per cui è sufficiente utilizzare tini di piccola dimensione per smaltirlo (elevato rapporto superficie/volume).
Al termine della fermentazione i tini vengono svinati ed il prodotto viene invecchiato in ambienti riducenti (contenitori di vetro tappato) subendo diversi trattamenti di chiarificazione e/o stabilizzazione (vedi avanti)
La fermentazione con macerazione può avvenire in tini aperti o chiusi, con vinacce sommerse o emerse (cappello).
In tini aperti dei graticci possono tenere immerse le vinacce oppure si opera la “follatura” ossia un rimestamento manuale del “cappello” emerso.
Nei tini chiusi è prevista una valvola di uscita dell’anidride carbonica, e può presentare dei graticci di contenimento (per tenere le vinacce immerse) oppure delle pompe che prelevano il mosto dal basso e lo spruzzano sul cappello.
Il cappello è un punto microbiologicamente critico in quanto può favorire lo sviluppo di batteri aerobi dannosi per il vino.
Assieme alla fermentazione si ha anche la macerazione, il massimo dell’estrazione degli antociani si ha all’ottavo giorno dopo di che l’intensità del colore diminuisce (interazione antociani tannini).
I vini da invecchiare subiscono in genere macerazioni più lunghe (necessitano di una quota più elevata di tannini), mentre per quelli da tavola il tempo di macerazione corrisponde a quello di fermentazione.
Mediamente il processo dura da 7 a 10 giorni con temperature intorno ai 30°C.
Al termine della fermentazione tumultuosa il vino viene trasferito in contenitori dove si procede alla cosiddetta fermentazione lenta che dura da uno a tre giorni, in questa fase avviene anche la fermentazione malolattica.
I vini rossi di pregio subiscono un invecchiamento ossidativo in botti che tra l’altro contribuisce alla formazione di caratteri aromatici importanti.
FERMENTAZIONE MALOLATTICA
Sebbene possa essere operata anche da alcuni tipi di lieviti si tratta di un processo metabolico causato soprattutto da batteri lattici (Leuconostoc Enos o Oenococcus Oeni).
In realtà la fermentazione malolattica non è una vera fermentazione in quanto richiede e non produce energia e si pensa sia condotta dai batteri per migliorare le loro condizioni ambientali. Il chimismo di questo processo non è ancora del tutto chiarito in quanto la formazione del solo acido L-lattico fa pensare che il meccanismo di reazione non coinvolga l’acido piruvico come intermedio (in questo caso si otterrebbe anche l’isomero D-lattico)
Come già accennato oltre ai lieviti gli unici microorganismi che supportano l’ambiente fermentativo sono alcuni batteri lattici etero fermentanti.
Fortunatamente questi batteri hanno un periodo di latenza molto lungo per cui si sviluppano al termine dell’attività fermentativa quando gli zuccheri riducenti sono consumati.
Si tratta di microorganismi desiderati nei vini rossi in quanto la fermentazione malolattica che operano determina una riduzione dell’acidità.
La riduzione dell’acidità è dovuta sia al fatto che l’acido lattico è monoprotico mentre l’acido malico e biprotico, ma soprattutto perché la prima costante di dissociazione acida dell’acido malico è più alta di quella dell’acido lattico (l’acido malico è più forte dell’acido lattico).
Nei vini bianchi l’acidità dovuta all’acido malico (piuttosto pungente) è apprezzata per cui si cerca di evitare la fermentazione malolattica (vedi ragioni della solfitazione).
CONSERVAZIONE E INVECCHIAMENTO
Durante la conservazione e l’invecchiamento, operazioni che salvo per i vini di pregio durano circa un anno, avvengono diversi fenomeni che possono essere così classificati:
- Microbiologici, in particolare fermentazione malolattica
- Chimici, in particolare ossidazioni desiderate nei vini rossi, assolutamente no nei bianchi (gusto fruttato)
- Fisici, precipitazioni di mucillagini, tartrati, proteine e tannini
Le operazioni di cantina sono mirate a evitare/favorire questi processi e possono essere distinte in:
- Tagli
- Colmaggi
- Travasi
- Stabilizzazioni
I tagli vengono fatti al fine di far rispondere il prodotto commercializzato ai limiti legislativi (vedi avanti) o a un miglioramento organolettico. Nella stragrande maggioranza dei casi i tagli vengono fatti per aumentare la gradazione alcoolica.
I colmaggi consistono nel riempimento della botte con le quantità di vino perse per evaporazione al fine di evitare un aumento della superficie esposta all’aria
I travasi vengono fatti al fine di eliminare i residui di precipitazioni (ricettacolo per microorganismi), in genere se ne fanno tre o quattro all’anno, per alcuni vini può risultare utile fa sentire sbalzi di temperatura (il freddo riduce la solubilità), ma è una regola non sempre valida.
STABILIZZAZIONI
Possono essere condotte attraverso:
- Collaggi
- Variazioni termiche
- Agenti chimici
Le stabilizzazioni per collaggi e variazioni termiche sono in genera accompagnate da filtrazioni e/o centrifugazioni
COLLAGGIO: consiste nell’operare una chiarificazione del vino mediante l’aggiunta di sostanze flocculanti. Poiché le sostanze eliminate contribuirebbero ad alterazioni si può considerare questa operazione come un vero trattamento di stabilizzazione.
Si possono usare diverse sostanze per il collaggio come:
– Alginati
– Colla di pesce
– Sangue di bue
– Gel di silice
Ma in pratica la sostanze più utilizzate sono:
– Gelatine
– Caseina
– Bentonite
La caseina viene usata soprattutto per i vini bianchi in quanto è l’unica proteina a costo accettabile con pH isoelettrico tale da precipitare in questo tipo di vini. Nei vini rossi si può usare la gelatina (meno costosa) che precipita in presenza di tannini. La bentonite, che è un tipo di argilla, essendo più costosa della gelatina viene impiegata soprattutto nei bianchi.
VARIAZIONI TERMICHE, possono essere riscaldamenti o raffreddamenti.
Il riscaldamento consente un risanamento microbico, una denaturazione delle proteine (che precipitano) e la dissoluzione dei cristalli di tartrati che fungono da germi di cristallizzazione.
In ogni caso va tenuto presente che un eccessivo riscaldamento provoca alterazioni del gusto, per cui qualora si adotti questa tecnica viene condotta una pastorizzazione piuttosto blanda (50 °C per una decina di minuti) su vini che in genere rischiano di subire alterazioni microbiche.
Il raffreddamento può essere usato con il duplice scopo di separare i componenti meno solubili (prevenire precipitazioni successive) e aumentare la gradazione alcoolica (unico metodo consentito in Italia oltre al taglio). In questo caso si opera una crioconcentrazione, in pratica si porta il vino a -5C per circa una settimana, in questo modo si formano dei cristalli d’acqua (l’alcool ha un punto di congelamento più basso) che si possono allontanare (filtrazione o centrifugazione) in modo che la concentrazione alcoolica aumenti
STABILIZZANTI CHIMICI: nel vino si possono utilizzare diversi stabilizzanti chimici ovviamente nel rispetto dei limiti legali, tra questi troviamo:
– Anidride solforosa (già trattata)
– Acido ascorbico (vitamina C) massimo 100 mg/l con funzioni di antiossidante e complessante*
– Acido sorbico massimo 200 mg/l , complessante e antifungino (anti lievito)
– Acido meta tartarico (poliestere dell’acido tartarico) massimo 100 mg/l, elimina cristalli di acido tartarico prevenendone la precipitazione
– Acido citrico massimo 1000 mg/l, come complessante e acidificante.
– Ferrocianuro di potassio , complessante del ferro e del rame, per legge nei vini è previsto una concentrazione minima di ferro di 5 mg/l proprio per essere sicuri che il ferrocianuro di potassio non sia in eccesso.
– Isosolfocianato di allile (essenza di senape) si imbevono dei dischetti galleggianti per formare una atmosfera inidonea a muffe e lieviti aerobi nello spazio tra il vino e il tappo delle damigiane.
(*) complessante = sostanza chimica che forma dei composti solubili (di struttura complessa )con ioni metallici . I complessanti chiamati anche sequestranti vengono utilizzati quindi per ridurre l’azione negativa di ioni metallici (nel vino essenzialmente il ferro ed il rame).
LE ALTERAZIONI DEL VINO
Il motivo dell’esistenza di tutti questi additivi è legato al fatto che il vino è soggetto a diverse alterazioni che possono essere di origine:
- Enzimatica
- Chimica
- Chimico-fisica
- Microbiologica
Enzimatiche: sono legate a l’azione di fenolossidasi (in particolare laccasi) “casse ossidasiche” il vino perde di gradazione e muta di colore con comparsa di una colorazione anormale quasi nera
Chimiche: la principale è la “maderizzazione”, si tratta di una alterazione con effetti simile alle casse ossidasiche dovuta all’ossidazione dei polifenoli causata dall’ossigeno e ioni di metalli pesanti (Fe+++ e Cu++) si formano chinoni e acqua ossigenata. Quest’ultima sostanza ossida l’alcool ad acetaldeide che forma polimeri con i chinoni e gli aminoacidi.
Chimico fisiche: sono in pratica delle precipitazioni chiamate spesso “casse”
– Casse proteiche: denaturazione delle proteine non eliminate (vini bianchi)
– Casse ferriche, gli ioni ferrici agiscono come flocculanti di colloidi proteinico tanninici “casse blu” (vini rossi) o precipita come orto fosfato ferrico “cassa bianca “ (vini bianchi)
– Casse rameiche; legate alla formazione di solfati o solfuri rameici
– Precipitazioni tartariche dovute alla formazione di tartrato acido di potassio
– Precipitazione di coloranti: nei vini rossi, i polifenoli polimerizzano e nel lungo termine precipitano
Microbiologiche: vengono chiamate anche “malattie”
– Fioretta (da candida), colpisce in genere vini poco alcoolici soprattutto se contenuti in ambiente ossidante (ad esempio contenitori non pieni), si forma un velo biancastro e ossidazione completa dell’alcool a CO2, in genere la fioretta è quasi sempre accompagnata da acescenza in quanto la riduzione di gradazione e l’ambiente ossidativo favorisce lo sviluppo degli acetobatteri.
– Acescenza , tipica alterazione ossidativa compiuta dai batteri acetici a carico del vino con trasformazione dell’alcool etilico in acido acetico.
– Girato (da batteri lattici, lactobacillus) interessa l’acido tartarico tanto da essere chiamata anche «fermentazione tartarica», si tratta di una grave alterazione, fortunatamente non frequente che colpisce soprattutto vini poco acidi, scarsamente solfitati e lasciati a lungo tempo a contatto con le fecce. L’acido tartarico viene convertito in acido acetico, propionico ed in anidride carbonica. Il gusto diventa cattivo (odore di topo)
– Agrodolce o fermentazione mannitica è un processo che si sviluppa nelle fasi di fermentazione in climi caldi. Il fruttosio si converte in mannitolo un composto dal sapore e odore sgradevole.
– Amaro: colpisce soprattutto i vini vecchi imbottigliati, il vino diventa amaro, con modifica del colore e intorpidimento, L’agente causante è un bacillo che trasforma il glicerolo in acroleina. Per evitarla è indispensabile porre molta attenzione alla pulizia delle bottiglie.
– Filante: colpisce in prevalenza vini bianchi. I vini colpiti presentano una maggiore viscosità a seguito della formazione di destrano (un polimero zuccherino gommoso) ad opera di batteri lattici.
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