(In parte tratto da machine ed impianti per la depurazione dei reflui delle industrie alimentari – prof Amirante P . Università di Bari)
Le industrie alimentari sono in genere caratterizzate dalla produzione di liquami particolarmente ricchi di sostanze organiche biodegradabili.
Il termine “biodegradabile” potrebbe lasciare intendere che si tratta di reflui che non portano a sostanziali problemi di inquinamento, ma le cose non stanno esattamente in questi termini.
Se infatti è vero, che i prodotti biodegradabili vengono aggrediti da microrganismi trasformandosi in sostanze non inquinanti, durante questo processo possono intervenire diversi fenomeni non sempre positivi.
In particolare possiamo descrivere la seguente serie di eventi:
– In presenza di ossigeno le sostanze organiche vengono ossidate dai microrganismi aerobi attraverso reazioni per lo più esotermiche dalle quali ottengono energia per svilupparsi
– La proliferazione dei batteri aerobi esaurisce l’ossigeno del corso d’acqua
– Si sviluppano a questo punto batteri anaerobi che attuando processi riduttivi producono sostanze nocive quali ammoniaca, fosfina e acido solfidrico che creano un ambiente inidoneo allo sviluppo batterico e quindi una condizione definita anaerobiosi permanente.
Per questi motivi la normative in vigore prevede che, in generale, gli scarichi delle industrie alimentari NON possano essere liberamente rilasciati nell’ambiente, ma debbano essere sottoposti a dei trattamenti che oltre ad evitare danni ecologici possono consentire di recuperare dei prodotti riciclabili quali biomasse ed energia.
In Italia, la normativa di riferimento è il D.Lgs 152 emanato l’11 Maggio 1999 che va a recepire la direttiva comunitaria 91/271/CEE riguardante il trattamento delle acque reflue urbane.
Oltre a disciplinare gli scarichi, fissando i valori limite di concentrazione per le varie sostanze in essi contenute, il D.Lgs 152/99, si dedica alla qualità del corpo idrico destinato a recepirli, prevedendo lo sviluppo delle attività di monitoraggio ed eventualmente di quantificare il danno ambientale esercitato dall’uomo.
La normative quindi prevede dei limiti in ordine alla presenza di sostanze di natura organica e inorganica, ma anche dei limiti di accettabilità di alcuni parametri di ordine chimico-fisico; in particolare: pH, temperatura, BOD e COD
Il BOD5 (biological oxygen demand), generalmente semplificato in BOD, rappresenta l’ossigeno consumato a seguito di attivià biologica nel tempo di 5 giorni. Come si deduce dal nome il BOD rappresenta quindi la domanda di ossigeno richiesto per lo sviluppo di una determinate flora batterica e viene determinato valutando la variazione di ossigeno disciolto nell’acqua (in mg/l) durante il periodo in esame di cinque giorni di incubazione al buio a 20 °C.
Il COD (chemical oxygen demand), è la misura di bicromato di potassio necessaria ad ossidare le sostanze organiche in soluzione di acido solforico.
Poichè il bicromato è un fortissimo ossidante, il COD rappresenta una misura della quantità di tutte le sostanze ossidabili presenti nell’acqua senza distinzione fra sostanze degradabili e non.
In questo caso l’analisi è molto più rapida perchè in pratica si tratta di fare una titolazione di ossidoriduzione dopo avere lasciato bollire l’acqua da analizzare con il bicromato per un paio di ore.
Da un punto di vista generale sia il BOD che il COD possono essere considerati indici di inquinamento delle acqua, ma un significato particolarmente importane è rappresentato dal rapporto tra questi due indici.
Se i due valori coincidessero (rapporto BOD/COD = 1) vorrebbe dire che i batteri sono in grado di ossidare tutte le sostanze organiche presenti nell’acqua.
In genere però il rapporto e inferiore a 1
Un basso valore del rapporto BOD/COD significa la domanda chimica di ossigeno è molto elevata per la presenza nel refluo di sostanze organiche non ossidabili biologicamente, in altre parole non biodegradabili.
Un impianto di depurazione è costituito da un insieme di macchine e attrezzature che, disposte secondo una successione preordinata, sono in grado di eseguire una serie di processi chimici, chimico-fisici, fisici e biologici atti a trasformare le acque di scarico secondo i requisiti desiderati.
I trattamenti, in genere, eseguiti sono:
– operazioni di pretrattamento (o trattamenti meccanici);
– trattamenti biologici;
– trattamenti chimici;
– trattamenti fisici;
– trattamenti chimico-fisici.
1) I trattamenti meccanici consistono nell’eliminare dalle acque quelle sostanze che possono interferire con i trattamenti successivi; si tratta di operazioni di separazione fisica tipici di sistemi eterogenei (liquido – solido, liquido – liquido): grigliatura, triturazione, desabbiatura, separazione di oli e grassi, stacciatura, decantazione primaria.
2) Il trattamento biologico rappresenta, in genere, la parte principale di un impianto di depurazione, si tratta di un processo che cerca di riprodurre in modo più rapido possible quello che succede durante un’autodepurazione naturale dell’acqua per mezzo di microrganismi (aerobi o anaerobi).
Lo scopo della fase aerobia è quello di ossidare biologicamente le sostanze organiche presenti nell’acqua conventendola in CO2 e H2O.
Ovviamente I trattamenti biologici aerobi possono agire solo sulla frazione organica biodegradabile (vedi BOD).
I processi ossidativi vengono operati con l’ausilio di microrganismi denominati “fanghi attivi”.
I fanghi attivi sono una grande varietà di microrganismi a comprendenti batteri, protozoi e forme viventi superiori i quali vanno a formare una massa biologica fangosa.
La vasca di aerazione è continuamente alimentata dal liquame ed ossigenata con immissione di aria, preferibilmente dal basso, in tal modo i microrganismi aerobi inseriti nella vasca all’inizio del processo si accrescono.
Alla vasca di aerazione segue una vasca di separazione dei fanghi (per sedimentazione e/o filtrazione) che vengono a loro volta reciclati rintroducendoli nella vasca di aerazione in modo da mantenere sempre attivo il processo.
Al processo ossidativo segue la fase di digestione anaerobica.
Si tratta di un processo di degradazione biologica effettuato da microrganismi che operano in assoluta assenza di ossigeno e che porta alla formazione una miscela gassosa contenente una buona percentuale di metano (biogas) utilizzabile per scopi energetici
3) Nei trattamenti chimici vengono utilizzati reattivi chimici che agiscono su alcune delle sostanze presenti nelle acque allo scopo di:
– Trasformare mediante reazioni chimiche sostanze tossiche in sostanze non pericolose.
– Rimuovere o eliminare i microrganismi patogeni a mezzo di clorazione, ozonizzazione (vedi unità di terza)
– Riportare il valore del pH nei limiti consentiti per lo scarico (neutralizzatore).
– Precipitare in forma di fango alcuni inquinanti disciolti nelle acque a mezzo di sostanze chimiche (vedi unità di terza)
– Utilizzare reagenti chimici che eliminano cariche elettriche repulsive favorendo la formazione di fiocchi più grandi (coagulazione o flocculazione).
4) I trattamenti fisici consistono nella separazione dell’acqua dai precipitati coagulati o flocculati delle precedenti fasi essi possono essere:
– decantazione
– filtrazione
– evaporazione
– centrifugazione
5) I trattamenti chimico-fisici sono metodi di trattamento che hanno consentito di ottenere una depurazione sempre più spinta dei liquami (alcuni di essi sono stati trattati in altre unità didattiche )ad esempio:
– scambio ionico,
– osmosi inversa
– ultrafiltrazione
– adsorbimento (ad esempio con carbone attivo) si tratta di un fenomeno di tipo superficiale in cui le sostanze inquinanti vengono trattenute sulla superficie di un solido finemente frazionato che viene chiamato adsorbente
– flottazione (o flottaggio) è una particolare operazione che viene eseguita insuflando gas (in genere aria) all’interno di una vasca con dei solidi in sospensione. In tal modo i componenti che hanno maggiore affinità con il gas (aerofili) sono trascinati verso il pelo libero della vasca dalle bolle di gas dando formazione ad una schiuma avente densità minore rispetto al liquidi (spesso la formazione della schiuma è favorite dall’aggiunta di agenti schiumogeni), mentre i componenti che hanno maggiore affinità con il liquido (idrofili) precipitano sul fondo (dando formazione ad una miscela detta “torbida”
– strippaggio: è un processo che consente di eliminare le sostanze gassose disciolte nelle acque Il processo viene, in genere eseguito in una torre riempita di materiale poroso inerte, ove dall’alto cade in pioggia finemente suddivisa l’acqua da trattare e dal basso viene immessa aria o vapori che trascinano via dal liquido le sostanze volatile),
REFLUI DEI FRANTOI OLEARI
Nel ciclo di lavorazione delle olive si utilizza una notevole quantità di acqua, che può essere così valutata:
– acqua per il lavaggio delle olive: circa il 5% in peso delle olive;
– acqua di costituzione delle olive stesse: 40 – 50% in peso delle olive;
– acqua di lavaggio dei torchi idraulici o dei frantoi continui: 5-10% in peso delle olive.
Globalmente, quindi si assume pari al 50-60% in peso delle olive, la quantità di acqua di processo derivante da una estrazione di tipo tradizionale,
I reflui di lavorazione presentano caratteristiche chimiche particolari, essenzialmente riferibili all’elevato tenore in sostanze organiche (variabili nell’intervallo 7-12%), e all’elevato carico inquinante dovuto alla bassa biodegradabilità.
Infatti, il rapporto BOD5/COD è circa uguale a 0,25 in quanto la domanda chimica di ossigeno è molto elevata per la presenza nel refluo di sostanze organiche non ossidabili biologicamente
I reflui oleari sono quindi da considerare particolarmente inquinanti.
La prima legge che ha regolamentato lo smaltimento delle acque di vegetazione è stata la n. 319 del 1976 (nota come Legge Merli).
L’applicazione rigorosa della legge avrebbe però di fatto comportato la chiusura della maggior parte degli oleifici italiani che a causa delle loro piccole dimensioni non erano in grado di sostenere i costi di un impianto di depurazione.
Per questo motivo già nella seconda metà degli anni ’80 si è applicato un regime di deroga che permettesse lo spandimento controllato dei reflui oleari sui terreni agricoli il quale è risultato (rispettando alcuni limiti quantitativi) meno problematico rispetto al riversamento nelle acque superficiali.
L’acqua di vegetazione smaltita nei terreni ha inizialmente un effetto rinettante sulle erbe infestanti (dovuto ai polifenoli) e dopo un periodo di circa sei mesi possono anche essere quantizzati degli effetti positivi di fertilizzazione dovuti all’umificazione. Si devono però considerare effetti negative dovuti all’inquinamento atmosferico (cattivi odori) e possibili effetti fitotossici anche se non ancora dimostrati.
Lo spargimento è consentito solo dopo la presentazione al sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario, agro-tecnico o geologo.
Lo spargimento in campo dei reflui dei frantoi oleari è consentito:
– in volume pari a 40 m3/ha per i reflui provenienti da impianti di estrazione a presse
– in volumr di 80 m3/ha per gli impianti centrifughi
e viene in genere eseguito con semplici carri-botte in dotazione alle singole aziende che conferiscono le olive al frantoi
E’ consentito per le acque di vegetazione e le sanse umide dei frantoi oleari unicamente l’utilizzazione agronomica, ossia l’applicazione al terreno finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti, mentre non può essere effettuato lo spandimento o l’abbandono sul terreno come pratica incontrollata di smaltimento di tale reflui.
In relazione al DCPM 8 marzo 2002 e del successivo D.lgs 152/06, le possibilità di valorizzazione energetica per gli scarti di frantoio sono sostanzialmente le seguenti:
– essiccazione e combustione della sansa vergine tal quale
– separazione del nocciolino dalla polpa e successiva combustione
– codigestione anaerobica della sansa denocciolata con produzione di biogas
A parte la prima che è un pò dispendiosa (in termini di energia), quelle che più interessano sono le ultime due.
Il nocciolino è un ottimo combustibile dichiarato biomassa, la cui richiesta stà crescendo in modo esponenziale.
La polpa rimanente può essere utilizzata in impianti di digestione anaerobica per la produzione di biogas o, dopo compostaggio, può essere impiegata quale ammendante.
Utilizzo della sansa esausta:
– concime: la sansa esausta può essere utilizzata come concime, integrandola con elementi fertilizzanti a base di fosforo ;
– mangime: opportunamente denocciolata (il nocciolo potrebbe creare lesioni allo stomaco o all’intestino degli animali) la sansa (anche per il suo interessante contenuto di proteina grezze pari all’ 11,5%, di calcio 1,5% e di potassio K, 1,8%) è un apprezzato prodotto nel settore mangimistico con un valore nutritivo molto vicino a quello del fieno;
– combustibile: la sansa esausta è particolarmente apprezzata come combustibile ancora più quando viene elaborata in nocciolino di sansa esausta;
– impiego come laterizio: mescolata con l’argilla assume una certa porosità, acquisendo proprietà di isolante sia termico che acustico, insieme ad una maggiore robustezza.
REFLUI ENOLOGICI
La depurazione delle acque di scarico di un impianto enologico è una operazione necessaria sia per la notevole quantità di refluo prodotto sia per l’elevato contenuto di zuccheri, acidi organici, acidi minerali e detergenti.
La necessità di depurare nasce dalla constatazione che i valori dei parametri chimico-fisici dei reflui in uscita sono sempre notevolmente superiori a quelli consentiti dalla normativa
Nell’ambito delle operazioni di processo, quelle che richiedono un consumo maggiore di acqua sono:
– il lavaggio delle vasche di raccolta e delle macchine usate per la pigiatura;
– la pulizia dei filtri;
– il lavaggio dei serbatoi di stoccaggio;
– il lavaggio dei serbatoi di fermentazione;
– il lavaggio dei piazzali e delle aree di lavorazione;
– l’imbottigliamento
Il rapporto BOD/COD nel caso delle cantine è abbastanza costante intorno a 0,5-0,6 (minore componente non biodegradabile rispetto agli olifici in buona parte costituita dalle sostanze detergenti impiegate nella pulizia delle strutture/macchinari)
In termini assoluti però i valori di questi parametri sono comunque molto più elevati di quelli consentiti dalla normativa:
BOD 1000-3000 mg/l (limite 40)
COD 2000-6000 mg/l (limite 160)
Purtroppo ancora oggi in molti caso, anche in considerazione della stagionalità della vinificazione, si assiste allo sversamento dei reflui nelle reti fognanti urbane o direttamente nei corsi d’acqua, aggravando così situazioni ambientali di inquinamento.
La depurazione dei reflui enologici può essere risolta con delle vasche ossidative “fanghi attivi”.
I reflui di una cantina si prestano molto bene all’ossidazione da parte dei microrganismi presenti naturalmente in alte concentrazioni è quindi in grado di operare in tempi relativamente rapidi.
Questa tecnica offre anche vantaggi dovuti al basso costo di installazione, basso costo di manutenzione, minima superficie occupata, buona flessibilità di lavorazione ed assenza di odori sgradevoli, non necessaria fase di trattamento anaerobico.
REFLUI CASEARI
Nel settore lattiero-caseario rientrano numerose attività agro-industriali, la cui variabilità è individuata dal tipo di latte lavorato, dalla quantità e dalla varietà del prodotto finito e dai processi adottati; tali variabili sono, a loro volta, funzione delle esigenze specifiche del mercato e delle tradizioni locali di lavorazione
Questa situazione si riflette inevitabilmente sulle caratteristiche dei sottoprodotti e dei reflui, che sono sostanzialmente diversi da uno stabilimento all’altro.
In quest’ottica, la depurazione dei reflui costituisce un problema oneroso da risolvere, sia dal punto di vista economico che ambientale.
Considerando che, in genere, le lavorazioni di tali industrie si riferiscono al trattamento della materia prima per la produzione di latte alimentare (pastorizzato o UHT) ed alla produzione dei suoi derivati, le caratteristiche dei reflui possono essere molto variabili a seconda delle dimensioni dello stabilimento e della tipologia di produzione.
Possono essere costituiti da:
– acqua di raffreddamento;
– liquami di fogna dei servizi igienici, con le tipiche caratteristiche dei reflui civili
– acqua di lavaggio dei locali, costituita essenzialmente da detersivi e sostanze grasse;
– acqua di lavaggio dei macchinari, addizionata con soda caustica ed acido nitrico;
– salamoie esauste ed acqua dolce di lavaggio dei prodotti
– acqua scremata di filatura;
– acqua scremata di zangolatura del burro;
– siero;
– latte (da perdite impianti)
I reflui caseari possono avere le seguenti caratteristiche finali
– elevata variabilità e putrescibilità;
– presenza di quantità non trascurabili di microrganismi patogeni, di tensioattivi e disinfettanti;
– notevole contenuto energetico costituito, per lo più, da sostanze organiche azotate;
– frequente variabilità della concentrazione delle suddette sostanze inquinanti dovuta principalmente alle frequenti immissioni accidentali di latte e sottoprodotti nei reflui.
In questi ultimi anni, inoltre, il crescente fabbisogno di materia prima, insieme al problema della salvaguardia ambientale, ha portato a considerare lo sfruttamento sempre più razionale dei sottoprodotti; infatti, dagli scarti e dagli effluenti, è possibile recuperare sostanze ad elevato valore nutritivo che possono trovare utile impiego nell’alimentazione umana ed animale, nell’industria farmaceutica ed in agricoltura.
Nel caso dell’industria lattiero-casearia, il siero, con il suo elevato valore biologico, è caratterizzato da un elevato carico inquinante, quindi richiederebbe un rilevante impegno tecnico-economico, se non utilizzato e sottoposto a degradazione.
In molti aereali produttivi, il siero viene utilizzato, come componente delle razioni alimentari dei suini.
In Emilia, gli allevamenti zootecnici, in particolare quelli suinicoli, sia come numero che come dislocazione sul territorio, sono sufficienti per utilizzare questo sottoprodotto
Lo scarico dei reflui avviene nella fognatura civile dopo un trattamento depurativo a doppio stadio: chimico- fisico di sedimentazione e biologico ossidativo a fanghi attivi
Prima di procedere alla depurazione, si effettua una sedimentazione con miscelazione del liquame con una soluzione di acqua e idrossido di calcio, all’interno della vasca di stoccaggio e neutralizzazione.